
Tra le montagne del Trentino si cela una delle professioni più antiche e affascinanti della tradizione alpina: quella del carbonaio. Uomini, donne e famiglie che, per secoli, hanno vissuto in simbiosi con la natura, producendo carbone vegetale attraverso una tecnica antica chiamata “poiat”. I carbonai trentini hanno rappresentato una colonna portante dell’economia montana fino al secolo scorso, e oggi la loro memoria sopravvive tra storie, musei, sentieri e manifestazioni culturali.
Le origini dei carbonai trentini
Una tradizione radicata nei secoli
La figura del carbonaio affonda le sue radici nell’Alto Medioevo, quando la richiesta di carbone per usi domestici e artigianali era in forte crescita. In Trentino, le estese foreste e il clima favorevole alla conservazione del legno hanno favorito la nascita di questa attività in numerose valli, come la Val di Fiemme, la Val di Non e la Val Rendena.
L’importanza economica e sociale
Per intere generazioni, la produzione di carbone vegetale ha rappresentato:
- Una fonte primaria di reddito per le famiglie contadine;
- Un’attività stagionale che si alternava all’agricoltura e alla pastorizia;
- Un mestiere tramandato oralmente, ricco di tecniche e riti.
I carbonai erano spesso lavoratori itineranti, che si spostavano nei boschi durante i mesi estivi per poi fare ritorno al paese nel periodo di riposo invernale.
La vita nei boschi e la costruzione dei “poiot”
Cos’è il “poiòt”
Il cuore dell’attività del carbonaio era il “poiòt”, termine trentino che indica la catasta conica di legna coperta di terra e foglie, all’interno della quale si trasformava il legno in carbone tramite una combustione lenta e controllata.
Come si costruiva un poiòt:
- Si selezionava legno di faggio, carpino o larice;
- Si costruiva una base circolare con tronchi e rami;
- Si impilava la legna in modo conico attorno a un camino centrale;
- Si copriva la struttura con erba, terra e cenere;
- Si accendeva il fuoco e si controllava per giorni o settimane.
Vita dura e isolata
Durante i mesi estivi, i carbonai vivevano nelle baracche in legno vicino al poiòt, in condizioni spesso difficili. Erano impegnati 24 ore su 24 nel controllo del fuoco, alternandosi per evitare che la catasta si spegnesse o bruciasse troppo velocemente.
Le giornate erano scandite da:
- Controlli costanti dei fumi;
- Riparazioni delle coperture;
- Taglio e accatastamento del legname.
Era un lavoro faticoso, sporco e pericoloso, che richiedeva grande esperienza e spirito di sacrificio.
Uomini, donne e famiglie: una comunità nella foresta
Chi erano i carbonai
I carbonai non erano solo uomini. Anche donne e bambini partecipavano attivamente all’attività nei boschi. Le famiglie intere si trasferivano nei pressi dei poiòt per l’intera stagione estiva.
Ruoli all’interno della famiglia carbonaia:
- Gli uomini si occupavano della costruzione del poiòt e della combustione;
- Le donne gestivano la cucina, l’accudimento dei figli e piccoli lavori di manutenzione;
- I bambini aiutavano con il trasporto del legno e l’approvvigionamento dell’acqua.
Il ritorno a casa
Terminata la stagione estiva, con l’arrivo del freddo, i carbonai facevano ritorno ai villaggi. Era il tempo del riposo, della vendita del carbone e del recupero delle energie. In questo periodo, il carbone veniva spesso scambiato o venduto ai paesi vicini, oppure portato alle fucine e alle ferriere della zona.
Il caso di Bondone: il paese dei carbonai
Un borgo simbolo del mestiere
Bondone, affacciato sul Lago d’Idro nella Valle del Chiese, è uno dei borghi più rappresentativi della tradizione dei carbonai. Fino agli anni Settanta del Novecento, l’intera economia del paese ruotava attorno alla produzione di carbone. I suoi abitanti trascorrevano anche otto mesi all’anno nei boschi, lavorando duramente nelle carbonaie.
Tradizione ancora viva
Oggi Bondone conserva con orgoglio questo passato con:
- Eventi rievocativi;
- Percorsi tematici tra i boschi;
- Monumenti dedicati ai carbonai;
- Musei e testimonianze storiche.
L’eredità culturale dei carbonai oggi
Una memoria da custodire
Sebbene il mestiere sia ormai scomparso, la figura del carbonaio resta viva nella cultura e nella memoria collettiva trentina. La loro storia è oggi valorizzata attraverso:
- Musei etnografici;
- Sentieri didattici e percorsi escursionistici;
- Libri e documentari storici;
- Eventi estivi nei borghi di montagna.
Dove scoprire la storia dei carbonai
Luoghi consigliati:
- Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina (San Michele all’Adige)
- Ecomusei locali (Val di Fiemme, Val di Non, Valle del Chiese)
- Percorso dei carbonai in Val di Rabbi
- Visita a Bondone e partecipazione agli eventi locali
Legame con i prodotti tipici trentini
Tradizione e autenticità
Il mondo dei carbonai è parte integrante del tessuto rurale e artigianale del Trentino. Molti valori di quell’epoca sopravvivono oggi nei prodotti enogastronomici e artigianali trentini:
- Salumi affumicati e stagionati;
- Formaggi di malga;
- Confetture, miele e liquori di montagna;
- Artigianato ligneo.
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I carbonai trentini rappresentano una testimonianza concreta della resilienza e della dedizione dell’uomo verso la natura. Le loro storie, i loro sacrifici e il loro sapere costituiscono un patrimonio prezioso da valorizzare.
Visitare i luoghi della loro memoria, gustare i prodotti del territorio e mantenere vivo il racconto significa onorare la montagna e chi l’ha abitata con rispetto e fatica.
Credit foto: APT Madonna di Campiglio